Da piccolo, lo so per certo, scappavo sempre appena mettevo i piedi per terra, e per acchiapparmi mi prendevano per il cappuccio del mio montgomery verde bottiglia..
"Sa cosa stavo pensando? Io stavo pensando una cosa molto triste, cioè che io, anche in una società più decente di questa, mi ritroverò sempre con una minoranza di persone.
Ma non nel senso di quei film dove c'è un uomo e una donna che si odiano, si sbranano su un'isola deserta perché il regista non crede nelle persone.
Io credo nelle persone. Però non credo nella maggioranza delle persone."
"Dopo che aveste l'impressione d'aver urtato contro una qualche
massa alla deriva, diciamo contro un relitto così pieno d'acqua da
restar sommerso, il capitano vi ordinò di correre a prua per
accertarvi di eventuali avarie. A voi sembrava probabile che ve ne
fossero, data la violenza dell'urto?" - chiese l'assessore che
sedeva a sinistra. Costui aveva una corta barbetta a ferro di
cavallo, zigomi sporgenti, e, con i gomiti appoggiati sul banco,
si teneva le mani rugose intrecciate dinanzi al viso, guardando
Jim con pensosi occhi azzurri; l'altro, un tipo grosso e
sprezzante, gettato all'indietro sulla sedia, col braccio sinistro
teso tamburellava delicatamente con la punta delle dita sopra un
foglio di cartasuga; nel mezzo il Presidente, dritto nell'ampia
poltrona, con la testa leggermente inclinata sulla spalla, teneva
le braccia conserte sul petto; in un vaso di vetro accanto al
calamaio c'era qualche fiore.
"No, non mi sembrava probabile", rispose Jim. "Ebbi ordine di non
far chiasso per evitare che nascesse un panico. La precauzione mi
parve ragionevole. Presi una delle lampade appese sotto il tendone
e andai a prua. Aperto che ebbi il boccaporto della gavona, sentii
uno sciabordìo. Calai giù la lampada quanto lo permetteva la
lunghezza della catena, e constatai che la gavona era già più che
a mezzo invasa dall'acqua. Allora mi resi conto che doveva esservi una grossa falla sotto alla linea di emersione". E s'interruppe.
"Già", fece il grosso assessore rivolgendo un sorriso distratto alla cartasuga; le sue dita giocherellavano instancabilmente, battendo sul foglio senza rumore.
(..)
Forse, inconsciamente, speravo di scoprire una qualche giustificazione riposta, l'ombra almeno di una scusante. Oggi vedo bene che speravo l'impossibile. Speravo di veder sgominare il più ostinato fantasma a cui l'uomo abbia mai dato forma: quel dubbio febbrile che si diffonde come una nebbia, che rode occulto come un tarlo, più agghiacciante che la certezza della morte: il dubbio che a dominare una certa linea di condotta sia un potere dispotico. E' la cosa più dura contro cui si possa inciampare; è la cosa che suscita il pànico urlante e le brave piccole mascalzonate compiute in silenzio; è la vera ombra della calamità.
«Perché non mangia qualcosa con me, se nessuno l’aspetta?» -
Altro che timido. Questo la invitava praticamente a letto, così, in pieno corso Belgio.
Peccato. Non le era proprio sembrato il tipo che si facesse delle idee sulle sfrenate signore settentrionali. Un vero peccato, perché era simpatico. E poi, a parte tutto, lei una certa fame ce l’aveva, e la prospettiva di andare a mangiare un ovetto sodo a casa di uno scapolo non l’attirava per niente, era di un triste infinito. Gli combinò un sorriso luminoso e stava per liquidare la faccenda quando lui si grattò la testa e disse: «Vede, il fatto è che starei molto volentieri con lei un altro po’ di tempo». Una semplicità angelica, puro Giovanni XXIII.
Da baciargli detto fatto il mocassino.
"La donna della domenica" (1972) - Fruttero & Lucentini
“Adesso che ho superato già tanti dolori e posso leggere il mio destino come una mappa piena di errori, quando non sento nessuna compassione di me stesso e posso passare in rassegna la mia esistenza senza sentimentalismi, perché ho trovato una relativa pace, lamento soltanto la perdita dell’innocenza. Mi manca l’idealismo della gioventù, del tempo in cui esisteva ancora una chiara linea divisoria tra il bene e il male e credevo che fosse possibile agire sempre in accordo con principi inamovibili”.