mercoledì 4 luglio 2012

"La profonda anomalia della destra italiana..."


Nessuna persona ragionevole può pensare che Mario Monti sia «di sinistra». Così come nessuna persona ragionevole può pensare che la politica del suo governo sia una politica «di sinistra», qualunque cosa oggi questa espressione in un caso e nell'altro possa ancora significare. Quella di Monti è più semplicemente una politica che si sforza di fare del principio di realtà (qui ed ora: dunque con i relativi vincoli anche di natura sociale che nessun mandato popolare lo ha autorizzato a mutare) il suo asse; e degli strumenti tecnici la sua principale risorsa. Può definirla «di destra» solo chi dei vincoli della realtà ha deciso programmaticamente di infischiarsene (almeno a chiacchiere), o è convinto che è meglio farsi governare dall'utopia e dall'immaginazione anziché dalla competenza.
«Di destra» - arieggiante qualcosa che può essere definito «di destra», o forse bisognerebbe dire assai meglio «borghese» - è semmai un tratto intimamente personale della figura del presidente del Consiglio e di alcuni suoi ministri. Un certo tono sommesso ma insieme perentorio, una confidenza anche lessicale e sintattica con le buone maniere, una certa esibita sprezzatura verso tutto ciò che sa troppo di «popolare» e dunque, inevitabilmente, di demagogia. Sa tutto ciò di «destra»? Equivale tutto ciò ad essere «di destra»? Sia pure. Ma, per parlare il linguaggio della nostra storia, sa soprattutto di quella destra che fu la «destra storica». Cioè di qualcosa che la sinistra ragionevole italiana, da Turati in poi, consapevole di vivere in un Paese troppo facile preda di pulsioni plebee e di distruttivi radicalismi, si è sempre guardata dal disprezzare.
E infatti, non a caso, questa tradizione si sta ripetendo oggi. Da settimane assistiamo infatti ai più vari tentativi - ultimo quello di D'Alema, anche se lui naturalmente smentisce - di coinvolgere Monti in una prospettiva di centrosinistra che guardi alle prossime scadenze elettorali e postelettorali. Non si tratta di tatticismi o di strumentalizzazioni. Ci sarà anche questo, certo. Ma c'è soprattutto la riprova dell'antica capacità/propensione della sinistra italiana a colloquiare, a stringere rapporti, a stabilire intese più o meno esplicite, anche con uomini e forze da essa lontane, anche con quelle che possono essere definite «di destra».
Ciò che è strabiliante e tipico dell'Italia è il fatto che invece proprio la destra politica vera, il Pdl, in Monti e nella sua politica non sappia riconoscere nulla che la riguardi, che parli alla sua cultura o al suo cuore. Nulla. E che anzi lo consideri grottescamente come una specie di suo nemico naturale, di subdolo e pericoloso avversario di cui sbarazzarsi al più presto. È qui che si manifesta in pieno la profonda anomalia della destra italiana e dell'itinerario che l'ha portata al punto in cui si trova. Forse per Berlusconi no; forse per qualche cameriere o qualche oca giuliva che gli stanno intorno, lo stesso; ma per tutti gli altri, per la gran massa dei deputati e dei senatori del Pdl, è verosimile che il cosiddetto populismo, lungi dall'essere una vocazione, sia semplicemente una deriva inconsapevole. Non essendogli riuscito di essere i protagonisti di alcuna «rivoluzione liberale», non immaginando neppure cosa sia la durezza austera dei conservatori, non gli è rimasto che essere dei populisti, o per meglio dire un'imitazione del populismo. E così, capeggiati da una delle massime concentrazioni di ricchezza del Paese, tutti o quasi con un reddito abbondantemente sopra quello medio degli italiani, la loro parola d'ordine preferita è diventata «dagli ai poteri forti»!


"La percezione del premier" (Corriere della Sera - Luglio 2012) - Ernesto Galli della Loggia


http://www.corriere.it/editoriali/12_luglio_04/editoriale-percezione-premiere-galli-della-loggia_81a0eb16-c597-11e1-9f5e-4e0a5c042ce0.shtml


* Il murales (Memorie urbane, Gaeta) è dell'artista spagnolo Escif

sabato 2 giugno 2012

"Se Bassolino e Pdl si uniscono nel criticare de Magistris"


Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei”. I buoni e saggi detti di una volta.
Ieri l’ex governatore Pd della Campania Antonio Bassolino era fianco a fianco con il commissario campano del Pdl Francesco Nitto Palma e con il candidato sindaco Pdl di Napoli Gianni Lettieri. Tutti insieme appassionatamente per presentare il libro ‘Demagogistris” di Alessandro Iovino e per cercare di fare a pezzi l’immagine dell’uomo che ha spazzato via Pd, Pdl e la politica delle clientele, delle consulenze e dei comitati d’affari dalla scena di Napoli: il sindaco arancione Luigi de Magistris.
Ecco il fior da fiore delle loro dichiarazioni. Bassolino: “de Magistris? Arrogante e sbruffoncello. Egogistris è più ego che demagogia. Mi impressiona la sua autocelebrazione. Sui rifiuti, non importa se noi li spedivamo in Germania e tutti, allora, fuoco amico o nemico, sparavano contro di me; mentre oggi nessuno dice nulla se la spazzatura va in Olanda, benché qualche contestatore sia pure diventato amministratore. Non v’è progettualità, non v’è un’idea di città e si continua a discutere sulle idee del ’93”. Nitto Palma: “Bassolino? Sarebbe un buon sindaco, se si ricandidasse i napoletani lo voterebbero. Lo vorrei nel Pdl, gli manderò la tessera onoraria”. Lettieri ha detto qualcosa sullo sforamento del patto di stabilità, lasciamo perdere.
L’operazione (non mi riferisco al libro) va presa per quella che è: il tentativo velleitario e disperato di un gruppo di politicanti bocciati dalla storia e finalmente puniti da un elettorato inferocito. Un elettorato che l’anno scorso ha scaricato la rabbia contro venti anni di malgoverno napoletano e di consociativismo sinistra-destra premiando la freschezza e le idee di un candidato sindaco la cui storia personale, professionale e politica ha reso credibile la sua proposta di cambiamento. In un anno di amministrazione, de Magistris non è stato perfetto ed è legittimo muovergli alcune critiche. Chi scrive questo post non apprezza il modo in cui gestisce i rapporti con il presidente del Napoli Aurelio De Laurentis, gli rimprovera la poca chiarezza con cui ha destituito Raphael Rossi dalla guida della municipalizzata dei rifiuti, non capisce il perché offra spazio al dialogo con Alfredo Romeo sul progetto Insula. Ma riconosce a de Magistris il piglio dell’amministratore che non lascia le cose come stanno per quieto vivere, il coraggio con cui ha varato la Ztl più grande d’Europa, l’aver impedito con le unghie e con i denti che la spazzatura tornasse a inondare Napoli.
Ci vorrebbero pagine e pagine per approfondire il giudizio sul su o operato ma non è questo il punto. Il punto è che c’è qualcosa di malsano nel vedere colui che continua a essere il leader di mezzo Pd locale e i capi del Pdl napoletano e campano seduti allo stesso tavolo per parlare male di de Magistris. Io ritengo sia una delle prove che il sindaco di Napoli sta lavorando bene sul versante del rinnovamento. Mi lascia francamente perplesso (per non dire altro) che a ‘giudicare’ de Magistris sul versante dei rifiuti sia l’imputato di un processo sul contratto d’appalto tra Regione Campania e Impregilo che è stata la causa della più grande e disastrosa emergenza ambientale della storia di questo Paese.
E mi viene in mente un’intervista al Corriere della Sera del 4 settembre 2006, quando col governo Prodi da poco in carica e in uno dei suoi rari momenti di buona salute, momento storico irripetibile per mettere mano su una seria legge sul conflitto d’interessi, Bassolino dichiara che “Berlusconi può essere l’uomo del dialogo” e invoca una legge “che non sia punitiva nei suoi confronti e non appaia neppure tale”. 
Ecco, caro Bassolino: tu dialoga con Berlusconi e i suoi accoliti, e lascia stare de Magistris che sta provando a risolvere i guai che voi due avete combinato.

martedì 1 maggio 2012

Il peggio mestiere è quello di non averne alcuno

"Lo studente lì fuori ha detto che noi entriamo qui dentro di giorno quando è buio, e usciamo di sera quand'è buio. Ma che vita è la nostra? (…)
E noi via che andiamo avanti senza staccare, avanti, avanti, per queste quattro lire vigliacche fino alla morte…"

La classe operaia va in paradiso (1971) - Elio Petri



* La foto di copertina rappresenta l'installazione "100 sogni morti sul lavoro" di Gianfranco Angelico Benvenuto   (Milano, Piazza Duomo - 2012)

domenica 22 aprile 2012

Costruire la propria azione come una dimostrazione


“Come si può verificare una frase? Essenzialmente a partire dagli atti che ognuno compie (…) bisogna organizzare i propri atti come una prova“

Ai bordi del politico (1990)  - Jacques Rancière

mercoledì 18 aprile 2012

I veri cattivi


Non vivo su Marte e nemmeno in Polinesia. Ma quando sono uscito dal cinema dove ho visto “Diaz” ci ho messo una mezzorata, come scriverebbe Camilleri, a riprendermi. Perché la forza dell’immagine è tale da portare lo spettatore a un livello di coscienza molto superiore rispetto a quello cui la semplice conoscenza di un determinato evento può arrivare. Sapevo e so bene cosa è successo a Genova: ma vederlo messo in scena con tanta neorealistica violenza è ancora un’altra cosa.
“Diaz” andrebbe mostrato nelle scuole, nei cinema, nei circoli e nelle piazze e dove volete voi: per mostrare come una città italiana possa trasformarsi di punto in bianco in Santiago del Cile. E’ successo una volta e potrebbe succedere ancora visto che i vertici della Polizia che quella mattanza decisero prima e difesero dopo sono ancora al loro posto. E visto che “servitori dello Stato” di tal fatta li avevano già resi dei paradigmi viventi Elio Petri e Gian Maria Volontè in “Indagine di un cittadino al di sopra di ogni sospetto”: l’analogia fra la sequenza dell’irruzione alla Diaz e quella della retata nel film di Petri sono impressionanti.
“Repressione è il nostro vaccino, Repressione è civiltà” urlava Volontè fresco di promozione ai suoi sottoposti.
Quel film è datato 1970: 31 anni prima del G8 e 41 anni prima del film di Vicari.
E’ successo, può succedere ancora.

Ma mentre in quel film il sistema che proteggeva se stesso e i propri servitori era palese, pur nella caratterizzazione dei ruoli (il finale con Volontè reo confesso che come in un incubo vede i suoi superiori rifiutare la sua confessione) in “Diaz” quasi non c’è.
Esci dal cinema suonato dal rumore dell’elicottero e dal pensiero che questi sarebbero stati capaci pure di caricare dei ragazzi su un aereo e buttarli a mare come nell’Argentina di Videla e al contempo ti domandi: forse che i massacratori della Diaz e i torturatori di Bolzaneto arrivavano loro da Marte o dalla Polinesia? Chi decise di spedirli drogati di adrenalina e forse non solo a massacrare persone inermi?
Quali politici avvallarono prima la scelta e coprirono dopo i responsabili? Che ruolo ebbe quello stesso Fini che anni dopo si sarebbe accollato, pure con dei meriti, il ruolo di difensore della dignità dello Stato? O meglio: di quale Stato era rappresentante allora quando era vicepresidente del Consiglio?
Di tutto ciò nel film non c’è traccia.
“Diaz” è un film duro, meritorio ed efficace ma scolastico e limitato. Come del resto Agnoletto ha sottolineato sul Fatto di oggi. Ci sarebbero voluti Petri e Volontè per farne un film politico.
E di quel film (anzi: di tanti di quei film) abbiamo e avremo disperato bisogno.

In “Diaz” mancano i veri cattivi (Il Fatto Quotidiano - Aprile 2012) - Piero Valesio 





* La foto di copertina "Ragazza e carabinieri" (Roma, 1977) è di Tano D'Amico

mercoledì 21 marzo 2012

L'ottimismo, ma anche no


Oggi è' morto uno sceneggiatore di una certa età e a me personalmente i necrologi non piacciono, ancor meno su un blog.
Però in quest'occasione, a rischio di essere retorico, mi va di ricordare che se ne va un altro pezzo di questo paese scombinato, che la gente conosce solo per una brutta pubblicità e che invece ha sceneggiato capolavori come "La decima vittima", "L'avventura" , "Blow up" e "Amarcord". 
Posto questa scena presa da un bel film di Rosi, ma per una volta, avevo solo l'imbarazzo della scelta...


martedì 20 marzo 2012

Il tanfo dell'intolleranza


"Auschwitz è fuori di noi, ma è intorno a noi, è nell'aria. La peste si è spenta, ma l'infezione serpeggia: sarebbe sciocco negarlo. (...) ...il disconoscimento della solidarietà umana, l'indifferenza ottusa o cinica per il dolore altrui, l'abdicazione dell'intelletto e del senso morale davanti al principio d'autorità, e principalmente, alla radice di tutto, una marea di viltà, una viltà abissale, in maschera di virtù guerriera, di amor patrio e di fedeltà a un'idea. "

giovedì 15 marzo 2012

L'aiuto regista di "Scusate il ritardo"...

"Ho ancora bisogno di una tua parola, Davide, di un tuo sguardo, di un tuo gesto. 
Ma poi all'improvviso sento i tuoi gesti nei miei, ti riconosco nelle mie parole. 
Tutti quelli che se ne vanno, ti lasciano sempre addosso un po' di sé. 
È questo il segreto della memoria? Se è così allora mi sento più sicura, perché so che non sarò mai sola." 

La finestra di fronte (2003) - Ferzan Ozpetek 

martedì 13 marzo 2012

L'ultima figura gotica

"Bambina mia, la vostra franchezza e il vostro coraggio hanno fatto di me un amico, perché un amico è più raro di un innamorato, e comunque meno egoista"

mercoledì 29 febbraio 2012

Napoli, "dov'è più forte la luce, l'ombra è più nera"...


"Da Napoli è stato bandito l'agio di muoversi. Il passante si inoltra nel labirinto cieco del tocco e del ritocco, dell'invadenza del prossimo suo presso se stesso. Struscio, scansamento, rinculo e percussione sono tecniche primarie del procedere. E' invece vana la simulazione della fretta, pantomima altrove efficace a farsi largo. La fretta qui è considerata la manifestazione di un disturbo nervoso.
Si è parte di una vischiosità generale che non si può aggirare, in cui si districa meglio chi più sguscia sfruttando la spinta dei corpi altrui, anziché esercitarne una propria. Si è immersi per strada in una dinamica dei fluidi. Non è stata estratta una formula che illustri questo fenomeno: che le strade di Napoli sono flussi regolati da una crisi. Al punto di massimo intralcio si determina una fluidità che sospende in parte la gravità dei corpi, dotandoli di leggerezza e di oleodinamicità.
E' l'effetto che si manifesta nella vasca dei capitoni."

Napolide (2006) - Erri De Luca

http://www.corriere.it/cronache/12_febbraio_27/cazzullo-napoli_158b6b38-6113-11e1-8325-a685c67602ce.shtml

venerdì 24 febbraio 2012

Il Male espugna piazza del Gesù


"I nomi collettivi servono a far confusione. «Popolo, pubblico...». Un bel giorno ti accorgi che siamo noi. Invece, credevi fossero gli altri."

"Diario notturno" (1956) Ennio Flaiano


http://roma.corriere.it/roma/notizie/cronaca/12_febbraio_24/male-torna-nuova-sede-brogi-1903421669558.shtml

http://www.ilmale.net/


martedì 14 febbraio 2012

La passerella più bigotta e ipocrita che la televisione possa mai illuminare...


"Sanremo fu pensato per la canzone italiana, adesso è qualsiasi cosa per forma e sostanza tranne che un concorso per cantanti. Il brano più impegnato, quello che trasforma l’attualità in motivetto, pare l’abbia scritto Gigi D’Alessio. Un poeta contemporaneo che riuscì a mettere insieme queste soavi parole: “Il tuo maglione lungo sulle mani, il seno che non è cresciuto più. Le corse in bicicletta a primavera (a primavera!), il vento profumava anche di te”.
La Rai ha perso il controllo del Festival svendendo l’ultima tradizione, l’ultima retorica nazional popolare, l’ultimo appuntamento per famiglie: appalti esterni, agenti famelici, scollature maliziose. La premiata ditta Lucio Presta-Maria De Filippi ha infarcito il Festival con talentini o presunti talentini sfornati da Canale 5 per uno strano travaso di palinsesti e programmi fra viale Mazzini e il Biscione."



sabato 4 febbraio 2012

Il pubblico dei non lettori


"Questo è un Paese che non ha più vivacità culturale. Qui nessuno più legge e il termine "intellettuale" dovrebbe valere quanto un insulto. Siccome nessuno più legge, gli unici libri in grado di vendere sono quelli che parlano a un pubblico di non lettori : libri di merda, per intenderci, qualunquismo fritto e impacchettato. Le grandi case editrici lo hanno capito molto bene e cos'hanno fatto? Si sono messe a sfornare questi successi stagionali buoni per tutti i palati.
Il valore dell'opera è diventato un dettaglio : l'autore, in quanto personaggio che funziona mediaticamente, viene prima di tutto. Solo se l'autore funziona in quanto personaggio, se è presentabile, se ha un'immagine spendibile sul mercato dei media, lo si produce e lo si promuove.
Vi faccio qualche esempio facile facile, di quelli che pure i bambini capiscono. Ci sono libri che vendono milioni di copie e, successivamente, se ne trae un film. Fin qui tutto bene, se non fosse per il fatto che il film in questione porterà il nome dell'autore e non del libro. Vi siete chiesti come mai? La faccia dell'autore, all'interno di certi circuiti, è diventata più importante dell'opera letteraria.
E questo, me lo si lasci dire, presagisce la fine della letteratura."

"Bomba carta" (2011) - Francesco Prisco


sabato 21 gennaio 2012

Ce lo meritiamo Benvenuti al Nord...


"Sa cosa stavo pensando? Io stavo pensando una cosa molto triste, cioè che io, anche in una società più decente di questa, mi ritroverò sempre con una minoranza di persone.
Ma non nel senso di quei film dove c'è un uomo e una donna che si odiano, si sbranano su un'isola deserta perché il regista non crede nelle persone.
Io credo nelle persone. Però non credo nella maggioranza delle persone."

martedì 17 gennaio 2012

Per commettere un crimine ci vuole il suo coraggio, ma per voltar la testa basta la debolezza...


"Dopo che aveste l'impressione d'aver urtato contro una qualche massa alla deriva, diciamo contro un relitto così pieno d'acqua da restar sommerso, il capitano vi ordinò di correre a prua per accertarvi di eventuali avarie. A voi sembrava probabile che ve ne fossero, data la violenza dell'urto?" - chiese l'assessore che sedeva a sinistra. Costui aveva una corta barbetta a ferro di cavallo, zigomi sporgenti, e, con i gomiti appoggiati sul banco, si teneva le mani rugose intrecciate dinanzi al viso, guardando Jim con pensosi occhi azzurri; l'altro, un tipo grosso e sprezzante, gettato all'indietro sulla sedia, col braccio sinistro teso tamburellava delicatamente con la punta delle dita sopra un foglio di cartasuga; nel mezzo il Presidente, dritto nell'ampia poltrona, con la testa leggermente inclinata sulla spalla, teneva le braccia conserte sul petto; in un vaso di vetro accanto al calamaio c'era qualche fiore. 
 "No, non mi sembrava probabile", rispose Jim. "Ebbi ordine di non far chiasso per evitare che nascesse un panico. La precauzione mi parve ragionevole. Presi una delle lampade appese sotto il tendone e andai a prua. Aperto che ebbi il boccaporto della gavona, sentii uno sciabordìo. Calai giù la lampada quanto lo permetteva la lunghezza della catena, e constatai che la gavona era già più che a mezzo invasa dall'acqua. Allora mi resi conto che doveva esservi una grossa falla sotto alla linea di emersione". E s'interruppe. 
"Già", fece il grosso assessore rivolgendo un sorriso distratto alla cartasuga; le sue dita giocherellavano instancabilmente, battendo sul foglio senza rumore.  (..)

Forse, inconsciamente, speravo di scoprire una qualche giustificazione riposta, l'ombra almeno di una scusante. Oggi vedo bene che speravo l'impossibile. Speravo di veder sgominare il più ostinato fantasma a cui l'uomo abbia mai dato forma: quel dubbio febbrile che si diffonde come una nebbia, che rode occulto come un tarlo, più agghiacciante che la certezza della morte: il dubbio che a dominare una certa linea di condotta sia un potere dispotico. E' la cosa più dura contro cui si possa inciampare; è la cosa che suscita il pànico urlante e le brave piccole mascalzonate compiute in silenzio; è la vera ombra della calamità.

"Lord Jim" (1899) - Joseph Conrad 


domenica 15 gennaio 2012

«Se uno continua a dire la verità, va a finire che prima o poi lo scoprono...»


«Perché non mangia qualcosa con me, se nessuno l’aspetta?» -
Altro che timido. Questo la invitava praticamente a letto, così, in pieno corso Belgio.
Peccato. Non le era proprio sembrato il tipo che si facesse delle idee sulle sfrenate signore settentrionali. Un vero peccato, perché era simpatico. E poi, a parte tutto, lei una certa fame ce l’aveva, e la prospettiva di andare a mangiare un ovetto sodo a casa di uno scapolo non l’attirava per niente, era di un triste infinito. Gli combinò un sorriso luminoso e stava per liquidare la faccenda quando lui si grattò la testa e disse: «Vede, il fatto è che starei molto volentieri con lei un altro po’ di tempo». Una semplicità angelica, puro Giovanni XXIII.
Da baciargli detto fatto il mocassino.

"La donna della domenica" (1972) - Fruttero & Lucentini



venerdì 6 gennaio 2012

"La filosofia è il proprio tempo appreso col pensiero"



"Queste sono le mie ultime parole e ho la certezza che il mio sacrificio non sarà vano.
Ho la certezza che, per lo meno, ci sarà una lezione morale che castigherà la vigliaccheria, la codardia e il tradimento."

Radio Magellanes, 11 settembre 1973 - Salvador Allende 

http://www.repubblica.it/esteri/2012/01/06/news/pinochet_dittatura-27658738/?ref=HREC1-8 

“Adesso che ho superato già tanti dolori e posso leggere il mio destino come una mappa piena di errori, quando non sento nessuna compassione di me stesso e posso passare in rassegna la mia esistenza senza sentimentalismi, perché ho trovato una relativa pace, lamento soltanto la perdita dell’innocenza. Mi manca l’idealismo della gioventù, del tempo in cui esisteva ancora una chiara linea divisoria tra il bene e il male e credevo che fosse possibile agire sempre in accordo con principi inamovibili”. 

 "Il piano infinito" - Isabel Allende

http://www3.lastampa.it/esteri/sezioni/articolo/lstp/398232/